Salerno/Termoli 15 – 17 giugno 2007 : appunti di viaggio. Note tecniche: 1° tappa : Salerno/Manfredonia Km. 231, dislivello 2600 metri circa, SS. 91 fino a Bivio Oliveto, Oliveto, Varco appennino, Calitri, Lacedonia, Rocchetta S. Antonio, Candela, Foggia; 2° tappa : Manfredonia /Termoli Km. 173, dislivello 1500 metri circa, Monte S.Angelo, Foresta Umbra, Vico del Gargano, San Menaio, Lago di Varano, Lago di Lesina, Campomarino, Termoli;
Termoli ci appare adagiata su un colle mentre il sole – che fino a quel momento ci aveva dominato implacabile - cala sul mare dell’Adriatico. Che strano, ho pensato, sono stato qui altre volte, in auto, e mi era sempre sembrato che questo posto fosse in pianura; oggi, invece, ci tocca l’ennesima salita, l’ultima di questa due giorni nel corso dei quali abbiamo superato oltre 4.000 metri di dislivello. Ci alziamo sul sellino, superiamo il centro storico e ci immettiamo, euforici, sul lungomare fino ad individuare il nostro albergo, il Garim. E’ la meta, la gioia, il tuffo al cuore; il tutto racchiuso in una foto, scattata con l’automatico di questo instancabile – quanto malizioso - reporter che si è rivelato il nostro presidente che ci ritrae felici e davvero stanchi. Una domanda si insinua nella testa : se sono già stato altre volte qui e se, comunque, altre volte ho viaggiato, da dove deriva questa emozione nuova? Perché è come se avessi affrontato questo viaggio per la prima volta? La risposta mi appare subito evidente : è in questa macchina silenziosa che da due giorni i miei compagni di avventura ed io abbiamo sotto di noi. E’ la prima volta che, attrezzata con il bagaglino e senza il conforto, logistico e morale, di un’auto o di un furgone al seguito, la usiamo per un viaggio così lungo (oltre quattrocento chilometri attraversando quattro regioni e cinque province). E’ stata una compagna fedele, uno strumento di conoscenza di posti nuovi, ma, come sempre, anche e soprattutto un modo per condividere con i miei amici una antica passione in un’atmosfera ilare e spensierata che mi ha regalato tre giorni davvero belli, di quelli che si portano dentro nel cuore e che già so che spesso riemergeranno nelle nostre rievocazioni scherzose. Una bici con il bagaglino si è rivelata pure un formidabile strumento psicologico di semplificazione dei bisogni; ricorrendo alla pratica del bucato da espletare dopo la doccia serale nella camera dell’albergo ho scoperto che si può viaggiare per due/tre giorni portando con sè davvero poche cose; la mancanza di un’auto che ci accompagna ed il telefonino rigorosamente spento mi hanno anche assicurato una clandestinità nuova, un’idea di libertà ed irreperibilità che mi ha accompagnato fino alla meta. Peraltro – annotazione a beneficio dei tecnici – l’apposizione del bagaglino, dal peso non eccessivo, condiziona la pedalata solo in salita ( regola non valida per Alfonso che, sul varco appennino, mi faceva notare che lui, all’uso del bagaglino in salita, ricorre, in modo naturale, da tempo) ma è pressoché ininfluente sia in pianura che, ovviamente, in discesa dove addirittura ti sospinge. Nonostante il bagaglino e ricorrendo rigorosamente alla regola del Balzano (che presupposta come nota a tutti, non riporto) abbiamo percorso il varco appennino a 28 Km/orari. Ma la bici – con o senza il bagaglino – è anche una macchina che ritrae ogni anfratto del territorio; cattura immagini ed emozioni che ti restituisce nitide, come in un film ripercorso a ritroso. Così, nel traghetto che il giorno successivo ci porta alle isole Tremiti, fingo di addormentarmi ma in realtà non ho voglia di farmi distrarre dal clima goliardico, altrimenti contagioso, che pervade l’intero gruppo ( in questi casi Alfonso è un vero mattatore, peccato che non ci sia anche Casimiro, la sua spalla comica ideale); ad occhi chiusi lascio che la bici compia la sua opera, che mi restituisca, srotolati, i più bei fotogrammi catturati nei due giorni precedenti: il siparietto alla fontana di Calitri dove si è arrivati ad insinuare che il Presidente della locale squadra di calcio degli anni 80 fosse morto non per un tragico incidente d’auto ma, suicida, schiacciato dal peso del rimorso di avere ingaggiato, l’anno precedente il tragico evento, un centravanti dal nome a noi familiare : Antonello Marino. La domanda posta dal tendenzioso Alfonso al rude barista di Rocchetta S. Antonio su cosa pensasse degli uomini che si depilavano e poi viaggiavano in coppia. La bellezza unica del paesaggio della Foresta Umbra ( la cui salita, da sola, sarebbe valsa l’intero giro); il banchetto, a base di provolone, salsiccia e taralli locali organizzato da un affamato Alfonso in un bar di Vico del Gargano dopo che io gli avevo negato una prima merenda a Monte Sant’ Angelo dopo appena quindici chilometri dalla partenza di Manfredonia ed annessa prima colazione; la bellezza, sbandierata da un’improbabile quanto improvvisata guida turistica recuperata davanti a quel bar, della conseguente discesa fino a San Menaio, pretenziosamente qualificata come “la più bella d’Italia” ma, in realtà, molto meno bella di un Capo D’Orso o di un Ortodonico e per di più quasi interamente percorsa a rimorchio di un camion della spazzatura; la scivolata, per fortuna innocua, di Gabriele a Torre Mileto (per lo spavento, al bar dove ci siamo fermati per soccorrerlo, ho dimenticato due borracce); l’esilarante performance del solito Alfonso nell’afosa pianura tra il lago di Lesina e Termoli laddove, individuata con il fiuto di un segugio una pompa irrigua, in un prato adiacente un ristorante, ha proceduto al rito della doccia collettiva prima di entrare nel locale dove la chiazza d’acqua ai nostri piedi si allargava sempre di più sotto lo sguardo attonito e un tantino preoccupato del gestore (eravamo preoccupati anche noi per la sua possibile reazione). E’ stato, infine, devo dirlo, un viaggio che, benché realmente affrontato da soli cinque associati (Antonello, Alfonso, Gabriele, Vito ed io, con la gradita presenza, da Bellizzi al bivio di Calabritto, di Giancarlo Benivento che ha così voluto tenere a battesimo la nostra prima iniziativa da randonners ) può e deve, ugualmente, definirsi << sociale>> perché, con il cuore, è stato idealmente esteso a tutti. Lo è stato in quanto – vi prego di credermi - i nomi di quasi tutti voi sono più volte ricorsi, in questa due giorni, nei nostri scherzosi appunti di viaggio, a testimonianza dell’affetto che ci lega. Così, procedendo per esemplificazione, abbiamo : applicato la nota regola del Balzano in tutte le salite, in tal modo percorse alla velocità di un professionista; quella del Professor Delmanso (il mitico “the Teacher”, docente di tecnica ciclistica) ad uno scatenato Vito Addesso sull’ultimo strappetto prima di Manfredonia (lo sapevate che anche a Manfredonia si arriva in salita?); ricordato al ritardatario Alfonso, prima della partenza da Manfredonia, che l’ombra di Guerino era già stata vista aggirarsi, sin dalle prime luci dell’alba, unitamente all’Ing. Sarno ed a Mimmo Mecca, nei pressi dell’albergo mentre, infine, ci sono mancati tanto la voce di Gigi nei silenzi struggenti della Foresta Umbra quanto i “ complimenti”, in verità sempre garbati, rivolti da Renato alle formose donzelle incontrate per strada. Di come ci sia pesata l’assenza di Casimiro (l’autore del motto <<Aità, chest’ è tutt?>>, con il quale accompagna le accelerazioni in litoranea del “maestro” Gaetano) ho già prima detto. Ed è per questo, amici, che, nel comunicarvi, spero di esserci riuscito, le mie emozioni di viaggio, vorrei concludere invitandovi a partecipare alle prossime manifestazioni di gruppo, qualunque esse siano, perché, in definitiva, il sorriso che un amico, con la sua presenza, ti può regalare accorcia i chilometri da percorrere ed attribuisce un significato più gioioso a questa nostra grande comune passione. Arrivederci a Maratea, 29 luglio 2007. Un abbraccio Massimo Palumbo
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